Approfondimenti

Il nostro pianeta al limite

Postato da
Fabrizia De Rosa

Pubblicato il
24 giugno 2025

Attualmente, alla COP16 in Colombia, i leader di 196 Paesi si sono riuniti per prendere decisioni urgenti sulla nostra sopravvivenza collettiva.

La biodiversità è gravemente minacciata e anche l’umanità deve affrontare rischi significativi. Nonostante gli accordi globali come la Convenzione sulla Diversità Biologica (CBD) e l’Accordo di Parigi, le azioni nazionali continuano a non raggiungere gli obiettivi necessari. Più della metà degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) fissati per il 2030 sono sulla buona strada per essere mancati e gli attuali impegni sul clima potrebbero portare a un aumento di 3°C delle temperature globali entro la fine del secolo, spingendo il pianeta oltre i critici punti di svolta ambientali.

Un punto di svolta si verifica quando il danno ambientale cumulativo raggiunge una soglia, innescando potenzialmente cambiamenti bruschi e irreversibili.

Come evidenziato nell’ultimo Living Planet Report del WWF, i punti di svolta più critici includono:

La foresta amazzonica: Se il 20-25% dell’Amazzonia venisse distrutto, di cui si stima che il 14-17% sia già stato disboscato, potrebbe verificarsi un collasso delle foreste a livello locale, regionale o addirittura biometrico. Ciò rilascerebbe grandi quantità di carbonio nell’atmosfera e altererebbe drasticamente i modelli meteorologici globali, con conseguenze catastrofiche per gli ecosistemi e la sopravvivenza umana.

Nord America occidentale: una combinazione di infestazioni da bostrico del pino e incendi selvaggi sempre più frequenti e intensi – entrambi aggravati dal cambiamento climatico – sta spingendo le foreste di pini verso un punto di svolta, dove potrebbero essere sostituite da arbusti e praterie.

La Grande Barriera Corallina: l’aumento delle temperature del mare e il continuo degrado dell’ecosistema hanno causato lo sbiancamento di massa dei coralli per ben 7 volte dal 1998 al 2024. Nonostante la notevole capacità di recupero della barriera corallina, siamo sulla buona strada per perdere il 70-90% di tutte le barriere coralline a livello globale, compresa la Grande Barriera Corallina, anche se riuscissimo a limitare il riscaldamento globale a 1,5°C.

Questi dati diventano ancora più allarmanti se si considera che, in soli 50 anni – nell’arco diuna sola vita umana – le popolazioni di animali selvatici sono diminuite in media del 73%. L’America Latina ha subito la perdita più drammatica, con un calo del 95%, secondo il Living Planet Index del WWF. Questo dimostra che il raggiungimento di questi pericolosi punti di svolta è più facile di quanto si possa pensare.

Nonostante la nostra consapevolezza delle cause, i fattori alla base di queste perdite – ladistruzione degli habitatdovuta principalmente al sistema alimentare, lo sfruttamento eccessivo, le specie invasive, l’inquinamento e il cambiamento climatico – continuanoad aumentare. Con l’aumentare di queste pressioni, ecosistemi critici come la Foresta Amazzonica e le barriere coralline rischiano davvero di collassare.

Per evitare gli esiti più catastrofici, i Paesi devono rafforzare, espandere e finanziare adeguatamente le aree protette, rispettando al contempo i diritti delle popolazioni indigene, che svolgono un ruolo cruciale nella conservazione della biodiversità. Tuttavia, come cittadini, abbiamo il potere di agire laddove i governi falliscono, non solo eleggendo i leader giusti, ma anche facendo acquisti e scelte di vita più consapevoli.

Per prima cosa, dobbiamo affrontare la sfida principale: il sistema alimentare globale.

Il sistema alimentare è uno dei principali fattori di degrado ambientale. Nonostante la produzione alimentare record, 735 milioni di persone soffrono la fame, mentre un terzo della popolazione mondiale non ha un’alimentazione adeguata. Il sistema alimentare utilizza il 40% della terra abitabile, è responsabile del 70% dell’utilizzo di acqua e genera oltre il 25% dei gas serra.

Il sistema può – e deve – diventare più sostenibile, anche in presenza di una domanda crescente, attraverso:

  1. Aumentare la produzione alimentare sostenibile e rispettosa della natura.
  2. Passare a diete più vegetali nei paesi sviluppati e affrontare la denutrizione.
  3. Ridurre drasticamente gli sprechi alimentari.
  4. Reindirizzare i dannosi sussidi all’agricoltura e alla pesca per sostenere le pratiche sostenibili.

Dobbiamo anche dare priorità all’ecologizzazione del sistema finanziario.

Anche il settore finanziario svolge un ruolo cruciale nella gestione delle crisi naturali e climatiche, con una stima di 7.000 miliardi di dollari all’anno che finanziano attività dannose. Per invertire questa tendenza, dobbiamo riorientare i finanziamenti verso soluzioni basate sulla natura e modelli di business sostenibili. Spostando solo il 7,7% degli attuali flussi finanziari negativi, potremmo colmare il gap di finanziamenti per la conservazione della natura e l’azione per il clima.

Alla luce dei fallimenti e dei ritardi dei governi, le entità non governative devono agire immediatamente investendo in soluzioni basate sulla natura ad alta integrazione per la mitigazione del clima, che hanno il potenziale di ridurre le emissioni annuali di gas serra del 10-19% e allo stesso tempo di apportare benefici agli ecosistemi e migliorare i mezzi di sussistenza. Come individui, possiamo scegliere di diventare più informati e positivi nei confronti della natura ogni giorno attraverso le nostre scelte su ciò che mangiamo e acquistiamo.

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